un racconto di Jole DeCarli

 

Ma che, non lo sai?
No? perché, tu lo conosci?
Conosco, no. Ma tutti sanno la storia del tuffatore.
Di chi?
Il tuffatore. Quello lì. Quello che si butta ed esce dal fiume. Poi si butta ed esce. Così, tutto il giorno, tutti i giorni. Dicono anche d’inverno, ma non lo so. Non ci vengo mai d’inverno, qui.

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Ab! Ab! Muoviti, Abbou, dobbiamo partire!
Scusa, Zakaria. Stavo parlando con Fathia. Laggiù il telefono prende meglio.
Dai, dai, il bus aspetta noi.
Eccomi, scusa Zak.
Come sta Fathia?
Bene. Oggi ha avuto il compito di matematica a scuola. Dice che era facile. È bravissima. Guarda quant’è cresciuta: mi ha mandato una foto.
È bellissima, Ab. È già quasi una donna, quanto crescono in fretta.
E Alì?
Bene. Dice che ha una fidanzata.
Non vedo l’ora di partire, Zak, mi manca Fathia. È quasi un anno che non torno.
Dai, Abbou, qualche giorno e saremo in viaggio. Abbiamo l’ultimo gruppo di turisti da portare domani ad Akka.
Solito giro?
Solito. Dai, che fra una settimana riabbraccerai Fathia. E me la dovrai salutare tanto.

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Marty, oggi no, non posso.
Oh, Fathia, che stress che sei sempre. Andiamo tutti, dai, vieni anche tu!
No, non posso, te l’ho già detto. Devo studiare, domani c’è la verifica di storia e io non so niente.
Ma che niente e niente, dici sempre così, poi io prendo quattro e tu otto.
Allora resta a casa con me a studiare.
Ma, tanto, la Colombera mi dà quattro d’ufficio, sicuro. Almeno vado a prendere un po’ di fresco al fiume.
Marty, sei tremenda.
Dai, dai, dai, Fathia, vieni, ti prego: ci sarà anche Marco…
Marco?
Eh, sì, me l’ha detto Giulia, quella che va al Fossati con lui: non puoi lasciarmi sola. Mi serve una spalla. Ti prego, ti prego, ti prego. Ci portiamo i libri e studiamo lì. Dai dai dai dai!
Va bene, va bene. Però devo scrivere ai nonni che non torno per pranzo e vengo direttamente da te a studiare.
Evvai! Te lo presto io il costume.

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Sì, è un marocchino. Viveva da queste parti, non so in quale paesotto, ma comunque qui a Sondrio, o nei dintorni.
E che ci fa qui?
Ci lavora. Aveva messo su famiglia e si era portato anche i genitori. Brava gente, umili. Tranquilli. Lavorava in una fabbrica, roba di tessuti, credo. Poi, la fabbrica è andata gambe all’aria e lui ha perso il lavoro. Ha lasciato la figlia ai suoi genitori ed è tornato in Marocco a lavorare. Credo facesse la guida. Di sua moglie, non so niente.
E poi?
Poi, è tornato. Per stare con sua figlia, immagino. Poveraccio.
Ma, com’è che ne sai tanto?
Ma come? Sei tu che vivi su un altro pianeta. Qui, tutti conoscono la storia del tuffatore.
Il tuffatore. Ma, ce l’avrà pure un nome, no?
Eh, penso di sì. Ma che ne so io?

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E vi porteremo a visitare l’uadi che alimenta l’oasi. Poi, il villaggio abbandonato, dormiremo nel palmeto di Akka, da cui si partirà per la gita in cammello nel deserto. Siamo pronti? Ci siete tutti, giusto? Devo controllare. Zak, otto, vero? Perfetto. Ci siamo tutti. Allora, amici, ricordate che io sono Ab, il nostro autista Zak e saremo semore con voi in questi due giorni. Vi accompagneremo nelle visite, al mercato se vorrete fare qualche piccolo acquisto e con l’aiuto di Allah torneremo dopodomani qui a Tata. Come? Per Agadir sono cinque ore. Cinque ore scarse. Sì, c’è il bus o i taxi. Coi taxi viaggiate un po’ più comodi, quando torniamo qui, dopodomani, Zak vi può mettere in contatto con gli autisti. Bene? Allora, partiamo. Vai Zak, andiamo verso l’oasi. Per qualsiasi cosa, chiamatemi, sono qui per voi. Ricordatevi: Abbou è il mio nome, ma potete chiamarmi Ab, tutti mi chiamano Ab. Zakaria è il nostro autista, ma chiamatelo Zak, che se no si arrabbia. Si parte, buon viaggio. Inshallah.

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Ciao ragazze.
Ciao.
Andate al Mattei, vero?
Sì.
Noi al Fossati.
Ah ah.
Vi ho già viste, voi due. Siamo vicini di scuola. Io mi chiamo Marco e lui è Paolo.
Ciao, io sono Martina e la mia amica Fathia.
Fatima?
No, Fathia.
Ok. Fate il bagno?
Non saprei. Dovremmo studiare.
Dai, con questo caldo, sembra già estate. Noi un tuffo lo facciamo.
Ma, non è pericoloso? Dicono che l’Adda sia brutto, da queste parti.
Ahahahah, ma no Fathia. Fidati: siamo nati qui e facciamo il bagno nell’Adda da quando eravamo bimbetti, nessun pericolo. Ci son solo delle belle pozze fresche, perché l’acqua va via veloce. Voi sapete nuotare, vero?
Sì, sì.
Dai, allora, un tuffo?

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E da quando fa così?
Da quando è tornato. Dicono sia impazzito.
Poveretto. Ma nessuno gli da una mano?
Lo hanno fatto. Appena tornato qui, era più o meno l’estate scorsa, era appena successo tutto. Dicono mentre lui era in viaggio e abbia saputo solo all’arrivo. Chissà se è vero.
E poi?
Poi, niente. Ha sbroccato e ha cominciato a venire qui tutti i giorni. Prima coi sommozzatori. Poi, hanno smesso di cercare, ma lui è andato avanti e avanti. Ci hanno anche fatto un servizio al tg, l’anno scorso. Ma dove vivi?
E che ne so? Me l’ero perso. E, poi?
Poi, niente. Lui non ha mai smesso di tuffarsi

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Zak, dimmi che stiamo partendo.
Ab, siamo partiti, inshallah!
Mi sembra un sogno.
Agadir, cambiamo e stasera Marrakech. Domani mattina Casablanca, Rabat e Tangeri. Il traghetto è prenotato e ci viene a prendere Alì. Puoi fermarti da noi quanto vuoi, me l’ha detto anche stamattina al telefono.
Grazie Zakaria, ma appena trovo un bus parto per l’Italia. Non vedo l’ora di arrivare da Fathia. Mi ha scritto poco fa, dice che è con gli amici e va al fiume perché fa un gran caldo. Spero le piacciano i vestiti che le ho comprato.
Le piacerà averti di nuovo a casa.
Che strano, ci pensavo l’altra notte, non riuscivo a dormire e guardavo il deserto e pensavo che la mia famiglia viene dalle montagne dell’Alto Atlante. Sono un montanaro e sono finito a vivere in montagna anche in Italia. Con questa faccia!
Abbou, non ci crederà nessun italiano a questa storia.
Ma è vera.
Lo so, ma cosa conta? Siamo marocchini, per loro veniamo tutti dal deserto.
Quanto ti fermi tu a Málaga?
Fino all’inverno, sicuro. E tu?
Io se trovo lavoro di nuovo, ci resto e basta a Sondrio. Alla fine, la gente è un po’ così, ma non ho mai avuto problemi. È solo che devo trovare lavoro, così poi posso stare con Fathia.
Vedrai che qualcosa troverai.
Nshallah.

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No, ragazzi. Qui l’acqua tira di brutto.
Ma valà, Martina: guarda Paolo come salta! Lì sì che dev’esser fresca! Lì sì che si viaggia! Fathia, vieni, salta dentro anche tu.
Non lo so, Marty?
Che dici? Ci buttiamo?
Dai, dammi la mano. Dai, un salto a tre: Paolo levati che ci buttiamo tutti!
Al mio tre?
Vai!
Uno, due…

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Non posso vederlo, mi si arrotola lo stomaco. Guardalo, guardalo. Non si ferma. Si tuffa, esce. Scende qualche metro. Si tuffa, esce. Torna su.
Mi sa che ha perso la brocca.
Non l’hanno mai trovata?
No. Qui l’Adda tira. Chissà dove si sarà infilata, sotto qualche pietrone, giù verso il lago. Qui l’acqua tira.
Chissà come si chiama. E sua figlia, ti ricordi come si chiamava sua figlia?